LA GUERRA: UN AFFARE ECONOMICO?

La storia lo insegna, e noi abbiamo tanto da imparare da essa: non c’è niente di più terremotante della guerra per quanto concerne l’economia. Gli scossoni di cui parliamo non sono necessariamente distruttivi. Infatti, a fronte di quanti soffrono e vivono la tragedia del conflitto, ci sono entità e soggetti che dalla guerra hanno molto da guadagnare. Non è un caso se, oltre agli scontri armati, ai bombardamenti e ai crimini di guerra, parallelamente stiamo assistendo ad un botta e risposta che riguarda esclusivamente il piano economico. L’avvento della società ultracapitalista, porta con sé un nuovo modello di scontro, tutto basato su embarghi, sanzioni ecc.
Sono queste, tutte cose a cui abbiamo già assistito nei conflitti della seconda metà del ‘900. Per fare un esempio, le attuali sanzioni disposte nei confronti della Russia, da parte del mondo occidentale, non sono nemmeno le più gravose a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. In questo senso, per fare un esempio, il regime iraniano ne ha subite di ben più gravi.
Al di la di questi assunti, tra le conseguenze più importanti che stanno derivando dal conflitto Russia – Ucraina, oltre all’asintotica impennata dei costi legati all’energia, vanno segnalati anche altri aumenti concernenti le materie prime. Il grano e il mais su tutti, stanno mutando notevolmente verso l’alto i propri prezzi.
Questa escalation che non è soltanto bellica in senso stretto, sta dunque investendo le materie prime dell’energia e quelle alimentari. Comincia a sentirsi nel nostro paese questo influsso, e la prima sorpresa l’abbiamo ricevuta nel corso degli ultimi giorni, nell’atto di effettuare i canonici rifornimenti di benzina, diesel e gpl.
Con il conflitto, stiamo anche facendo un ripasso della geografia. Località come Mariupol e Odessa, fino a qualche giorno fa, erano sconosciute ai più e adesso sono al centro dell’informazione quotidiana, perché da li passano i traffici di materie prime, in particolar modo cereali.
I dati in possesso delle principali agenzie economiche del paese, raccontano di cifre ai massimi storici almeno dal 2013 per il mais e dal 2008 per il grano. Entrambi i paesi coinvolti nel conflitto sono tra i maggiori esportatori di queste due materie prime e se ne dividono un terzo del mercato mondiale. La movimentazione dei maggiori player del settore è ora direzionata verso la ricerca di fonti alternative.
In ogni caso, al di là di quanto detto per alcune materie prime, c’è da aspettarsi una crescita dei prezzi di questi tutti i settori, dovuta alle difficoltà che si verranno a creare in particolar modo per i trasporti su gomma.