CRISI COVID: CONTRATTI PRECARI IN PICCHIATA. “APRILE – MAGGIO – GIUGNO FANNO SEGNARE -1,1 MILIONI IN MENO RISPETTO ALLO ST

Il dato riportato da un’analisi di Inps - Uniemens, relativo alla sola contrattualistica delle imprese private, e che prende in esame contratti a termine, in somministrazione e a chiamata, è drammatico. A fare il punto sulla contrazione subita dal mercato del lavoro è la nota congiunta prodotta da Istat, ministero del Lavoro, Inps, Inail e Anpal
La definiscono un “eccezionale diminuzione” delle unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (dato dal numero che si ottiene rapportando il totale delle ore di lavoro attivo per un numero di ore standard corrispondente a una posizione full time). Il crollo è verticale. Rapportando i dati relativi al II trimestre 2020 con quelli che ne descrivono il I trimestre, registriamo una perdita di 2,6 milioni di contratti, cifra che sale a 4,1 milioni se rapportata al medesimo trimestre del 2019. Trattasi di una vera e propria voragine anno su anno, di 1 milione e 112mila posizioni precarie nel settore privato tra contratti a termine, in somministrazione e a chiamata. Come detto hanno fatto il punto sulla inarrestabile contrazione patita dal mercato del lavoro nel trimestre ‘nero’ del Covid, il secondo del 2020: l’Istat, il ministero del Lavoro, l’Inps, l’Inail e l’Anpal.
Come già descritto attraverso i dati Istat, il numero di occupati è sceso di 470mila unità sul trimestre precedente e 841mila rispetto al secondo trimestre 2019. La dinamica delle posizioni a tempo determinato nei dati delle comunicazioni obbligatorie risulta fortemente negativa (-485mila in un anno) ma l’andamento “è molto più marcato nei dati Inps - Uniemens riferiti alle sole imprese private” che registrano la situazione a fine periodo e comprendono anche il lavoro in somministrazione e intermittente: 1 milione 112mila in meno nel secondo trimestre.
L’analisi statistica dimostra anche che a soffrire maggiormente sono stati i cosiddetti “lavoretti”, dato per altro dimostrato anche dal monitoraggio sulla durata dei contratti. Di questi, quasi la metà dell’emorragia registrata nel trimestre in esame è dovuta ai contratti con scadenza massima a sette giorni. Relativamente ai flussi, il computo totale dei nuovi contratti attivati mostra una riduzione di 1 milione e 567 mila a fronte di una diminuzione delle cessazioni di 988 mila per effetto del blocco dei licenziamenti ma anche, ebbene sottolinearlo, grazie ai rapporti di lavoro dipendente di breve durata non attivati in precedenza. Per dirla con altre parole, sono scaduti un numero minore di contratti perché minore era il numero di quelli attivati nel periodo immediatamente precedente. A seguito della crescita ininterrotta dal 2015, si riscontra una contrazione delle posizioni lavorative dipendenti sulla base delle comunicazioni obbligatorie (-337mila rispetto al primo trimestre 2020) dovuta appunto all’accentuarsi del calo di quelle a tempo determinato (-383mila in tre mesi) ed al ridimensionamento della crescita delle posizioni a tempo indeterminato (+47mila). Le tendenze sopra descritte restano influenzate dal numero di trasformazioni a tempo indeterminato, seppur con minore peso: l’incidenza delle trasformazioni sul totale degli ingressi a tempo indeterminato (attivazioni e trasformazioni) scende dal 23,6% del primo trimestre 2020 al 22,1% nel secondo trimestre 2020.
Quanto al lavoro indipendente, secondo la Rilevazione sulle forze di lavoro dell’Istat continua a diminuire sia in termini congiunturali (-101mila occupati, -1,9%) sia su base annua (-219mila occupati, -4,1%).